Il Presepio “cosa” per grandi o più adatto ai bambini? Cosa ci spinge realmente a realizzare il presepio a Natale?
Un articolo tratto da “Il Presepio” n. 41 del mese di marzo 1965, di Gabriel Llompart storico di Maiorca e folklorista, laureato in teologia e storia all’Università di Barcellona, scomparso nel 2017 all’età di 90 anni.
Cadono le ultime foglie dagli alberi, stacchiamo gli estremi fogli del calendario. L’Avvento avanza: il Natale si avvicina. In un giorno qualsiasi durante il pranzo, uno dei bambini lascerà cadere sul piatto della minestra la rituale domanda di ogni anno: Papà, quando cominciamo a fare il presepio?
E se trascuriamo la domanda, o non diamo una risposta soddisfacente, appena iniziano le vacanze e la festa natalizia si comincerà a sentire nell’aria, il portavoce degli affari straordinari dei bimbi ci metterà dinanzi la perentoria alternativa: Ma lo facciamo quest’anno il presepio: si o no?
Ordinariamente le ragioni che adducono gli adulti contro la costruzione del presepio, non sono affatto le stesse dei piccoli. Cerchiamo difenderci e ci scusiamo con la mancanza di tempo, la scarsità dello spazio, la povertà del materiale disponibile, il nostro lavoro d’ufficio o di stabilimento cha assorbe tutto il nostro tempo. Ed a ragione: a Castellòn si parla di “armar un belen” (costruire il presepio) quale sinonimo di confusone e disordine. Ma la verità profonda, che sentiamo imperiosa nel nostro intimo ma non osiamo confessare è che ormai riteniamo il presepio una puerilità; l’idea una tradizione da destinare al ripostiglio delle cose inutili quel giorno che i bambini saranno cresciuti.
Il Natale ed i grandi nella Fede
Dunque, il presepio per la maggior parte di noi è cosa più da piccoli che da grandi; e questo ha molto peso verso la metà di dicembre, quando dovremmo costruirlo ancora una volta. Il presepio può restringersi alla categoria dei giocattoli, soltanto se si parte dalla premessa che il Natale è una festa specialmente infantile. Ma il Natale, a sua volta, può esser considerato una festa dell’infanzia – così disse un turista straniero nel corso di un’intervista – soltanto se non si scorge in essa ciò che appunto non si può trascurare: una festa per i credenti. Il Natale è una ricorrenza solenne che diviene automaticamente povera se le togliamo la ragion d’essere: il Mistero dell’Incarnazione, la venuta di Gesù al mondo. Ed ancor più triste mi riuscì la lettura della descrizione della festa natalizia in un paese d’Europa, nel quale si era completamente dimenticato Iddio! Al Natale ci si può avvicinare soltanto se guidati dalla fede; è Iddio stesso che va incontro all’uomo in cerca di salvezza. E Iddio ha la sua maniera di farsi trovare; un modo che sta al disopra della ragione umana. “Agli uomini è apparsa la bontà e l’amore di Dio, nostro Salvatore” (Tit. 3,4), ci dice la seconda messa di Natale. “Si sarebbe tentati di dire che Dio stesso si sarebbe fatto antropomorfico”, pensiamo segretamente con Peter Lippert. Ma bisogna riconoscere che quello non è più affare nostro, ma di Dio.
Ed allora, poiché nel primo Natale, Dio si è fatto uomo, scegliendosi un’epoca, un Paese, una famiglia, adesso, in questo Natale, quando costruisco il presepio in casa mia, Gli apro un varco tra i miei cari, se riesco a credere ed a far credere che il presepio del mio focolare diventa simbolo e figura dell’altro presepio che gli vogliamo offrire nella nostra vita, nel nostro cuore.

Presepio e pellegrinaggio
E poiché ci troviamo ora in tempo di rinnovamento spirituale, ci conviene formarci un’idea giusta del presepio. Dopo la monumentale monografia che gli dedicò lo studioso protestante Rudolf Berliner, è certo che il presepio nacque, in passato, come mezzo di pellegrinaggio spirituale, come un ricordo plastico di preghiera, al modo della composizione di luogo, che abbiam tante volte fatta nei nostri esercizi spirituali. Ho citato gli esercizi spirituali di S. Ignazio. Possiamo chiederci: ma perché il fondatore dei Gesuiti volle celebrare la sua prima messa nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, proprio nella cappella del Presepio? Perché, dinanzi alle reliquie del Presepio di Betlemme, si sentì più trasportato verso il luogo ed il tempo stesso della nascita di Gesù, nostro Salvatore. Il Presepio che ciascuno, dunque, deve costruire in casa, non deve avere altro senso se non trasportare il costruttore in quel presepio, dove non possiamo materialmente trasferirci, nel quale nacque, per salvarci tutti, Iddio stesso. Ecco, dunque, perché abbiamo asserito che il Presepio è un atto tra i maggiori della fede. Ed ottimo, quindi, è lo slogan dell’Associazione Presepistica di Madrid: “un presepio in ogni focolare”. E’ certo che vi sono tanti che non si interessano di presepio; ve ne sono stati, ve ne sono, ve ne saranno, per i quali nel calendario, la data del 25 dicembre, non significa nulla. Non hanno ancora scoperto che l’anno liturgico è Cristo stesso che persevera nella sua Chiesa e che continua a fare la strada della sua infinita misericordia (Pio XII).
Il Presepio a fianco della liturgia
E’ indubbio che il presepio con le sue mura di sughero, le sue figurine plastiche, le sue luci scintillanti, le sue carte a colori, è un sottoprodotto popolare della liturgia; che è entrato in punta di piedi nelle nostre case e ci è divenuto famigliare. Ma non possiamo definir meglio le sue pretese che riportando le parole scritte da Pio XII nell’Enciclica sulla liturgia: “ricondurci alla grotta di Betlemme, acciocché possiamo impararvi che è assolutamente necessario rinascere e riformarci alle radici. E questo è possibile soltanto quando ci uniamo intimamente e vitalmente con il verbo di Dio fatto uomo”.
Sarebbe salutare per tutto visitare la casa-museo di Lope de Vega a Madrid. V’è il presepio del grande drammaturgo e poeta: e certamente dinanzi ad esso dov’è scrivere i suoi versi
Grotta divina
Quanto sei graziosa,
con il bimbo piccolo e bello
che ci presenti
Ma non c’inganniamo dinanzi a questo o a quel presepio, dinanzi alle apparenze il presepio non è un giocattolo ma una devozione.