Il Duomo di Messina costituisce uno dei più preziosi beni artistici presenti nella Città dello Stretto. All’interno del suo campanile si trova una natività molto particolare.
Ogni suo elemento è un tesoro che merita di essere scoperto, e tra gli altri il carillon del XX secolo, una fra le poche opere d’arte rimaste, dopo le catastrofi che nel corso dei secoli hanno più volte devastato la città di Messina.
Il Duomo, anche se più volte distrutto, è stato sempre ricostruito sullo stesso posto, conservando, in linea di massima, le antiche caratteristiche strutturali di quello la cui costruzione ebbe inizio nel lontano 1120 sotto il regno di Ruggero II, e consacrato al culto, ad opera dell’Arcivescovo Benzio e alla presenza di Enrico VI di Svevia, il 22 settembre 1197.
Il campanile nel corso dei secoli (il primo impianto risalirebbe al XVI secolo) ha subito ricostruzioni e rifacimenti a causa dei terremoti che lo travolsero assieme alla Cattedrale, ma fu sempre ricostruito dov’è oggi. Quello che possiamo ammirare attualmente risale alla ricostruzione post-sisma del 1908 ed è opera di Francesco Valenti, architetto messinese. Nel 1933, per volere dell’Arcivescovo della città Angelo Paino, i due prospetti, quello verso la piazza e l’altro verso la chiesa, furono modificati con l’apertura dei vani necessari per l’inserimento degli automi: le figure dell’orologio astronomico, diventato il simbolo della città, con i congegni dei fratelli Ungerer di Strasburgo che per complessità superano quelli di altre città più blasonate.
La facciata verso il duomo, invece, in tre alloggiamenti contiene: il calendario astronomico, una fascia esterna di colore dorato con i segni dello zodiaco e un calendario perpetuo.
Sulla facciata del campanile rivolta verso la piazza, nelle aperture ora moltiplicatesi, si svolgono, ad orari prestabiliti, le figurazioni di 64 automi in bronzo dorato (che vanno dalle poche decine di centimetri fino ai quattro metri del leone rampante).
In una delle finestre sta uno degli automi più complessi, costituito da quattro scene che cambiano ogni quattro giorni. La prima scena “da Natale all’Epifania” con un’Adorazione dei Pastori: dinnanzi alla greppia, dove sono Maria, Giuseppe e il Bambinello, sfilano i pastori che si inchinano devotamente.
La seconda scena “dall’Epifania alla Pasqua” con l’Adorazione dei Magi (foto – torrese.it): preceduti dalla stella cometa passano i Re Magi seguiti dal servitore, che adorano il Bambinello che sta in braccio a Maria.
La terza scena “dalla Pasqua alla Pentecoste” con la Resurrezione di Gesù tra lo sbigottimento dei due soldati che stanno a guardia del sepolcro. La quarta scena “dalla Pentecoste a Natale” con la Discesa dello Spirito Santo: qui lo Spirito Santo, con le sembianze desunte dall’iconografia classica, della Colomba, passando sopra i dodici Apostoli convenuti nel Cenacolo attorno alla Madonna, fa spuntare tante fiammelle dalle teste degli Apostoli che meravigliati alzano le braccia al cielo.